7. L’Età della tarda repubblica

7.1 La guerra Numidica contro il re Giugurta (112-105 a.C.) mette in luce la divisione della classe senatoria di quegli anni. La Numidia era un regno che serviva come avamposto contro Cartagine e quindi il suo ruolo venne meno con la distruzione della potenza punica, danneggiando con le sue lotte dinastiche il commercio che proveniva dall’Africa.

Gaio Mario proveniva dal ceto equestre, legato ad attività commerciali aveva fatto carriera nella politica grazie all’appoggio dei Metelli, sganciandosene durante la guerra giugurtina.

Nel 106 a.C. giunge al consolato presentandosi come homo novus della parte popolare contro la nobilitas tradizionale. Generale valente, già nel 105 portò alla vittoria Roma contro giugurta.

Durante la guerra ci fu il primo arruolamento di pro capite censi cioè di nulla tenenti che provenivano dalla plebe rurale. L’intento di Mario non era di rivoluzionare l’esercito (anche se questo fu il precedente per l’arruolamento di volontari nelle successive guerre civili) ma solo di dare risposta a un problema concreto, quello della leva tra gli adsidui, che non volevano più partecipare a guerre lontane e non sentite.

Al nome di Gaio Mario e alle guerre contro i Teutoni e i Cimbri è legata anche la costituzione delle nuova disposizione dell’esercito in coorti che raggrupparono i tre manipoli (ma che fu usata anche in precedenza).

Fu rieletto console dal 104 al 100 per far fronte all’invasione dei Teutoni e dei Cimbri in Gallia Nerborense.

La terza rielezione nel 100 mostra le ambizioni di Mario a un potere personale.

7.2 Apuleio Saturnino fu tribuno militare nel 103 e 100: condusse con l’appoggio dei veterani di Mario una violenta politica antinobiliare e propose per i primi molte distribuzioni agrarie; coinvolse in questa sua politica anche lo stesso Mario. La violenza esplose nel 100 e il console Mario dovette mandare a morte parecchi nobili, anche se con molte perplessità, per ristabilire l’ordine in città.

Il ruolo del senato nel corso del II secolo era aumentato arrivando a controllare tutti gli aspetti della politica romana.

Nel 149 a.C. passò la Lex Calpurnia che aveva istituito una quaestio de repetundis che dava al Senato la funzione di controllo delle corti chiamate a giudicare nei processi di corruzione e di amministrazione delle province, dove erano accusati gli stessi senatori. Per i successivi 50 anni vi fu un alternanza tra i senatori e il ceto equestre nelle corti. L’età post-graccana fu quella che vide la nascita dell’eloquenza municipale proprio perché i processi furono un aspetto determinante della politica e dell’economia di quegli anni.

I senatori fino all’acquisizione del regno di Pergamo non erano interessati all’amministrazione dei territori conquistati in Oriente.

La legge agraria di Tiberio aveva colpito soprattutto gli alleati italici e si iniziò a parlare della possibilità della cittadinanza come contropartita: in questi anni fu concessa, infatti, ai magistrati delle colonie latine (ragione per cui rimasero fedeli a Roma durante la guerra sociale). Nelle province invece la differenza tra cittadini romani e commercianti italici tendeva a scomparire venendo sempre di più equiparati.

Nel periodo di Mario e Apuleio ci furono molti alleati che ricevettero la cittadinanza soprattutto attraverso vie illegali. Nel 95 a.C. una legge escludeva dal corpo civico romano quelle introduzioni illegali e fu questa la principale causa della guerra sociale.

La situazione precipitò nel 91 a.C. quando il tribuno L. Druso fu assassinato dopo la proposta della concessione della cittadinanza agli alleati italici.

Come conseguenza vi fu nel 91 a.C. l’insurrezione degli alleati italici contro Roma: speravano di arrivare ad un compromesso vantaggioso più che alla disfatta di Roma.

La rivolta fu diretta e voluta dalle classi alte che però seppero sfruttare le masse a loro vantaggio. Degli alleati facevano parte quasi tutte le comunità dell’Appennino centrale e meridionale, parte della Puglia e in un secondo momento Etruschi e Umbri e parte della Gallia Cisalpina. Essi si diedero un ordinamento federale ricalcando il modello di Roma nelle assemblee, nelle magistrature e nei comandi.  La sede del potere alleato fu Corfinium ribattezzata Italia.

Rimasero fedeli a Roma tutte le colonie latine ad eccezione di Venusia.

I generali romani mirarono a dividere in due i gruppi degli insorti, quello settentrionale e meridionale. La colonia di Firmum resistette agli insorti, bloccati definitivamente ad Asculum.

La guerra fu decisa dalla concessione della cittadinanza, proposta da Giulio Cesare, agli alleati rimasti fedeli e a quelli che deponevano le armi. Rimasero esclusi dalla successiva cittadinanza dell’ 89 i Sanniti e i Lucani, ancora in armi, oltre ai popoli al di là del Po che furono oggetto di un altro provvedimento che concedeva lo ius Latii, cioè le trasformava in colonie latine, legge fatta da Pompeo Strabone uno dei più eminenti generali romani, padre di Pompeo Magno.

La prima conseguenza di questi sconvolgimenti fu lo stato municipale, cioè le colonie latine e italiche diventarono dei municipium con maggiore decentramento da Roma, prevedendo dei magistrati nominati da Roma, un senato locale e un’assemblea popolare.  Inoltre vi fu un processo di urbanizzazione insieme a un riassetto agrimensorio che serviva al catasto e al censimento per le assegnazioni delle terre, che portò ad un cambiamento notevole del paesaggio naturale.

7.4 Nel 88 a.C. Silla venne eletto console e combatté contro Mitridate re del Ponto in Asia Minore che aveva massacrato i negotiatores romani e italici della regione. Il tribuno Rufo fece cambiare il comando delle operazioni a Mario e inoltre trasferì i nuovi cives nella ripartizione delle 35 tribù (e non solo tra le 8 precedenti). Silla rispose muovendo verso Roma, tutta l’ufficialità lo abbandonò ma non i suoi soldati che pensavano solo alla ricompensa del bottino asiatico. Questo è l’inizio delle guerre civili che portò all’inizio di quella trasformazione nell’esercito che ormai rispondeva solo al comando dei generali diventati sempre più potenti e alle cui sorti si affidavano i soldati cecamente.

Silla represse i traditori compreso lo stesso Sulplicio, mentre Mario riuscì a scappare. Silla si recò allora in Oriente e Cinna prese il sopravvento a Roma ma fu ucciso e prevalse la fazione più estremistica dei mariani. Silla vinse Mitridate e tornò a Roma combattendo per la guerra civile contro i mariani e per la guerra sociale ancora in corso contro i Sanniti.

Silla divenne dittatore con poteri accresciuti e depose la carica nel 81 a riprova del suo disinteresse per ambizioni personali. Riprese una serie di riforme precedenti rimaste incompiute, tra cui l’allargamento del potere del Senato ampliandolo di numero. Riformò le magistrature, i sacerdozi, l’amministrazione e il diritto. Limitò i poteri dei tribuni della plebe. Tolse l’esercito dall’Italia ma fece diventare provincia la Gallia Cisalpina e quindi vi fu un esercito a presidiarla. Vi furono assegnazioni ai veterani.

Le proscrizioni che avevano una funzione di repressione limitata, portarono ad arricchimenti illeciti dei partigiani del dittatore. Esse proibirono ai figli e ai nipoti dei proscritti le magistrature.

In Spagna intanto Sertorio, un politico di parte popolare riuscì a creare un antistato sfruttando i sentimenti antiromani della popolazione. La secessione fu vinta da Gneo Pompeo che ebbe un imperium straordinario pro consule. Pompeo grazie alle guerre riuscì a diventare un personaggio di primo piano arrivando al consolato nel 70 a.C. senza aver fatto un normale cursus politico.

Nello stesso anno i tribuni furono ristabiliti ma lo strascico delle guerre civili fu pesante, distruzione e spopolamento avevano messo in crisi l’economia e l’agricoltura italica. Questo disagio portò all’insurrezione di Spartaco del 73 a.C. che infatti ebbe adesione anche tra i proletari e i contadini delle campagne mentre in città ebbe poco seguito. Dopo molte disfate dei generali romani, Licinio Crasso, anche grazie l’aiuto di Pompeo reduce dalla Spagna, li sconfisse nel  71. Questa fu l’ultima grande insurrezione del strati più bassi del popolo spiegabile con il successivo miglioramento di quegli strati sociali attraverso il massiccio arruolamento per le guerre civili e la molta mano d’opera richiesta per la ricostruzione municipale.

Del disagio diffuso nell’impero ne approfittò un patrizio sanguinario di nome Catilina seguace di Silla. Si era presentato varie volte al consolato, ma per fare politica c’era bisogno di soldi a cui molti ricorrevano grazie all’amministrazione usuraia delle province. Così fece in Africa nel 67 per cui fu poi processato.

La Coniuratio Catilinae di Sallustio e le quattro orazioni di Cicerone mostrano la degenerazione dell’oligarchia e la volontà di Catilina di prendere il potere con la forza (anche l’estraneità di Cesare agli avvenimenti). Nel 63 a.C. Cicerone ebbe il consolato e riuscì a scoprire la congiura di Catilina che lo voleva far uccidere, gli arrestati furono dopo una lunga decisione del senato condannati a morte senza possibilità di appellarsi al popolo (provocatio). Catilina ritiratosi in Etruria fu disfatto a Fiesole.

Cicerone pensò di aver salvato la repubblica ma nel 58 a.C. il tribuno e demagogo Clodio, appoggiato da Pompeo e da Cesare, fece approvare una legge che condannava all’esilio chi avesse fatto condannare a morte un imputato senza appello. Cicerone si allontanò da Roma e Clodio confiscò i suoi beni con una seconda legge. Clodio con bande armate fece piombare la città nella violenza. Nel 57 a.C. Cicerone fu richiamato a Roma per opera del console Lentulo che fece votare i comizi centuriati, e i cittadini italici amici di Cicerone intervennero da tutta Italia; i tribuni Milone e Sestio organizzarono bande anticlodiane. Clodio fu ucciso nel 52 presso Aricia.

7.4 Ripresa la guerra contro Mitridate, il comando è affidato al console Lucullo. Si era già distinto come abile generale, fedele a Silla. Nel 67 a.C. dopo una serie di vittorie senza arrivare a quella definitiva, fu vittima degli ammutinamenti delle sue truppe, per via dei suoi modi duri di condurre la guerra.

Nel 66 a.C. il comando fu trasferito a Pompeo Magno attraverso la Lex Manilia (l’anno prima già la Lex Gabinia gli aveva dato il comando delle operazioni contro i pirati che debellò in breve tempo). Riuscì a sconfiggere definitivamente gli avversari e a riorganizzare e costituire la nuova provincia della Siria.

Invase la Giudea e conquistò Gerusalemme. Nel 62 rientrato in Italia sciolse l’esercito contro l’aspettazione generale. Nello stesso anno trionfò sui pirati Mitridate e Tigrane.

Giulio Cesare era schierato dalla parte dei popolari, essendo nipote di Iulia sposa di Gaio Mario. Nel 60 a.C. strinse alleanza con Pompeo e Crasso dando vita un primo triumvirato: questo patto personalistico emarginava l’oligarchia senatoria e la figura di Cicerone, per dare inizio a un potere strettamente personalistico.

Cesare fece approvare una serie di leggi tra cui una agraria e ratificò le leggi di Pompeo in Asia. In base alla Lex Vitinia Cesare ricevette il comando della Gallia Cisalpinia (in seguito anche della Transalpina) e dell’Illirico per 5 anni.

Fino al 51 a.C. fu impegnato nella conquista delle Gallie. La prima guerra fu contro gli Elvezi e i Germani ricacciati al di là del Reno. Cesare poteva contare sulla Gallia centrale e meridionale con cui Roma aveva un alleanza antica. La base di Cesare era la Gallia Cisalpina. Nel 57 combatté i Belgi e vinse i Nervi. Nel 56 vinse i veneti dopo l’incontro di Lucca per confermare l’accordo del triumvirato. Licinio Crasso vinse gli Aquitani cadendo a Carre nel 53 a.C.

Nel 55 Cesare arrivò oltre il Reno e si spinse in Britannia fino al Tamigi. Nel 53 represse le ribellioni dei Nervi, Treviri ed Eburoni. Nel 52 ci fu l’insurrezione comandata da Vercingetorige dei Galli alleatisi. Cesare li assediò ad Alesia, ma fu a sua volta assediato e riuscì attraverso fortificazioni, circumvallazioni ed altre opere complesse a far arrendere per fame gli assalitori. Vercingetorige fu messo a morte dopo essere portato come trionfo. Alesia fu la fine delle campagne Galliche.

Il 51 a.C. fu la data della fine ufficiale con la pubblicazione del De bello gallico che sono delle rielaborazioni letterarie di Cesare delle sue relazioni annuali al senato. Durante questo guerra l’esercito divenne fedelissimo a Cesare.

Gli accordi dei triumviri si erano rinnovati a Lucca nel 56 a.C. : Cesare riebbe il proconsolato per altri 5 anni; Pompeo e Crasso furono rieletti consoli nel 55; Pompeo ebbe il proconsolato in Spagna per 5 anni; Crasso ebbe il comando in Siria che si concluse nella disfatta di Carre dove morì.

Nel 52 Pompeo ebbe la nomina a dittatore per via delle violenze scoppiate in città e progressivamente si schierò verso la fazione anti-cesariana del senato quando si presentarono i problemi della direzione delle Gallie dopo il comando di Cesare e dopo che nel 49 si presentava la decisione di concedere a Cesare il consolato in sua assenza mentre ancora conservava il comando provinciale.

Cesare nel 49 a.C. passa il Rubicone e marcia verso Roma, giustificandosi da difensore della libertà del popolo romano (propaganda compiuta dai suoi fedeli tribuni Antonio e Cassio) costringendo Pompeo con i consoli e parecchi senatori tra cui Cicerone a una ritirata in Grecia per una sorta di governo in esilio. Pompeo voleva come Silla riprendere Roma dall’Oriente con l’aiuto dei suoi legati in Spagna.  Ma Cesare fu più abile politicamente e strategicamente, andò subito in Spagna e tolse di mezzo i legati di Pompeo.

Nel 48 passò in Epiro e vinse Pompeo nella battaglia di Farsalo in Tessaglia e lo inseguì fin in Egitto. Cesare riordinò la situazione ad Alexandrie e in tutta l’Asia. Dopo il ritorno in Italia dovette ritornare in Africa per combattere le forze pompeiane che vinse a Tapso nel 46, nello stesso anno della sua nomina a dittatore per 10 anni (già assunta nel 49 e a vita nel 44).

L’accentramento da parte di Cesare rispondeva sicuramente ad esigenze di razionalizzazione dello stato, con l’aumento del numero dei magistrati e del numero dei senatori soprattutto per ricompensare i suoi sostenitori. Furono prese in questo periodo molte misure demagogiche, ma anche parecchie funzionali come la sempre crescente colonizzazione.

Nei cesaricidi vi era molto probabilmente una volontà di combattere il progetto accentratore di Cesare, ma una volta fatto fuori non seppero proporre altro da quello che aveva fatto Cesare e tutte le riforme come le magistrature decise da Cesare furono attuate.

La situazione riprecipitò nel 44 a.C. quando Antonio mosse contro Decimo Bruto che aveva assunto il comando della Gallia Cisalpina. La sconfitta di Antonio portò all’elezione di Ottaviano a consul seffectus e all’approvazione di una commissione per giudicare i cesaricidi. Con un completo voltafaccia Ottaviano si alleò con Antonio e Lepido e si rivenne a creare il triumvirato che servì per combattere i cesaricidi.

Tra le prime vittime delle proscrizioni vi fu Cicerone. Le varie fazioni cesariane erano tenute insieme dalla pressione delle truppe che volevano essere ricompensate, ciò avvenne anche grazie alle numerose confische ai proscritti.

Nel 42 Antonio e Ottavio si scontrano con Bruto e Cassio a Filippi in Macedonia. Antonio fu il vero vincitore e ottenne l’affidamento delle province orientali e delle Gallie. Ad Ottaviano venne dato in controllo dell’Italia mentre Lepido fu progressivamente emarginato anche se aveva il comando delle province africane.

Sesto Pompeo con la sua flotta occupò la Sicilia dando rifugio ai proscritti come agli avversari di Filippi.

L. Antonio fratello di M. Antonio venne allo scontro con Ottaviano facendosi garante dei confiscati ma M.Antonio venne a patti con Ottaviano.

Nel 36 a.C. Sesto Pompeo fu definitivamente sconfitto da Agrippa e Ottaviano potè trionfare a Roma come garante della pace, dopo aver silurato dal triumvirato Lepido.

Antonio intanto riuscì a riorganizzare i regni satelliti orientali tra cui l’importante Egitto, dove si sposò con Cleopatra.

Nel 32 la situazione precipitò quando Ottaviano sfruttando il sentimento avverso per le donazioni fatte da Antonio ai figli avuti con Cleopatra, chiese un giuramento di fedeltà all’Italia, allora i due consoli antoniani e circa 300 senatori si riunirono ad Antonio a Efeso.

Il 2 settembre si ebbe lo scontro decisivo ad Actium, sulla costa adriatica della Grecia, dove Agrippa vinse Antonio in una battaglia navale. L’anno successivo Ottaviano s’impadronì dell’Egitto e Antonio e Cleopatra si uccisero.

Si comprende come Ottaviano venga visto come il salvatore della patria dopo tutto il periodo di guerre civili del triumvirato, e vi sia l’inizio dell’impero con il definitivo accentramento politico a costo della rinuncia della repubblica e della libertà politica.