E’ davvero particolare il rapporto che si è costruito negli anni tra Antonello Venditti e la città di Roma.
Abbiamo deciso di pubblicare i testi di alcune canzoni di Venditti in questa categoria e di iniziare da Roma Capoccia, una delle canzoni più famose.

Si tratta di uno dei primi brani incisi da Venditti. Era il 1972 e Venditti incide un album con Francesco De Gregori, Theorius Campus, in cui include anche questo brano che reinterpreterà milioni di volte nel corso della sua carriera. Venditti e De Gregori si erano conosciuti al Folkstudio, un locale importante di quegli anni. Il duo, come è noto, non durerà a lungo e i due amici inizieranno delle fortunatissime carriere solistiche, che continuano ancora oggi. De Gregori contribuirà al successivo album da solista di Venditti, Orso Bruno; i due scriveranno infatti a quattro mani il testo di “L’ingresso della fabbrica”.

Tornando a Roma Capoccia, l’autore è comunque il solo Venditti che anche nella versione del 1972, canta da solo. Si tratta di uno dei primi brani che hanno reso famoso il cantautore romano ed ancora oggi la canzone è amatissima. Il testo è quello di una vera e propria canzone d’amore, non rivolto ad una donna però ma ad una città.
Il brano ha colto il rapporto profondo d’amore tra Roma e i suoi abitanti, un amore di cui non saprei fare altri esempi nel mondo. Uno dei motivi del successo di Venditti è sicuramente questo. Negli ultimi anni è stato proprio il cantante nato nel quartiere Trieste ad essere il miglior “cantore” della città. Le canzoni di Venditti su Roma sono davvero molte, e di alcune avremo modo di parlarne.

Il titolo ed il verso “Roma capoccia der monno infame”, riecheggiano il latino “Roma caput mundi”.

Questa la versione di Roma Capoccia del ’72:

Testo di Roma Capoccia

Quanto sei bella roma quann’è sera
quanno la luna se specchia dentro ar fontanone
e le coppiette se ne vanno via…
Quanto sei bella Roma quanno piove…

Quanto sei grande Roma quann’è er tramonto
quando l’arancia rosseggia ancora sui sette colli
e le finestre so’ tanti occhi che te sembrano dì:
quanto sei bella, ah quanto sei bella…

Oggi me sembra che er tempo se sia fermato qui…
vedo la maestà der Colosseo,
vedo la santità der cuppolone
e so’ più vivo e so’ più bono…
No, nun te lasso mai
Roma capoccia der monno infame…

‘Na carrozzella va, du’ stranieri…
un rubivecchi te chiede npo’ de stracci…
li passeracci so’ usignoli, io ce so’ nato Roma,
io t’ho scoperta stamattina…

Oggi me sembra che er tempo se sia fermato qui.
Vedo la maestà der Colosseo
vedo la santità der cuppolone
e so’ più vivo, e so’ più bono, no, nun te lasso mai,
Roma capoccia der monno infame.
Roma capoccia der monno infame.

Quanto sei bella Roma quann’è sera,
quando la luna se specchia dentro ar fontanone
e le coppiette se ne vanno via,
quanto sei bella Roma quando piove.
Quanto sei bella Roma quann’è er tramonto,
quando l’arancia rosseggia ancora sui sette colli
e le finestre so’ tanti occhi
che te sembrano dì : quanto sei bella!
Ah, quanto sei bella.
Oggi me sembra che er tempo se sia fermato qui.
Vedo la maestà der Colosseo
vedo la santità der Cuppolone
e so’ più vivo, e so’ più bono, no, nun te lasso mai,
Roma capoccia der monno infame.