Ci sono film che riescono ad imprimere in modo indelebile alcune scene nella memoria degli spettatori. Questo succede anche quando il film non rappresenta un capolavoro assoluto, ma contiene comunque momenti di grande bellezza ed efficacia.
Chiunque ami la danza possiede la propria classifica personale di film che ne parlano, ma con una buona approssimazione si può affermare che uno dei titoli che non manca mai è certamente White nights – Il sole a mezzanotte.
Il film esce nelle sale nel 1985, e la sua trama è un intreccio di spionaggio, passione amorosa e passione artistica. Il protagonista è un danzatore russo, Nikolai Rochenko (impersonato dal grande ballerino Mikhail Barishnikov), che decide di fuggire dall’Unione Sovietica e cercare rifugio negli Stati Uniti. Il viaggio si rivela difficile e varie vicissitudini lo affiancheranno ad un ballerino di tip tap, Raymond Greenwood (Gregory Hines), una spia che dovrebbe vigilarlo per conto del KGB ma che alla fine, complice la comune passione per la danza, mette in discussione le proprie convinzioni.
Dietro la trama principale si nasconde un tema tipico di quel momento: l’opposizione fra i due giganti politici che stavano dominando lo scacchiere internazionale verso la fine della guerra fredda. Gli Stati Uniti sono rappresentati da Hines, la Russia da Barishnikov.
Dal punto di vista cinematografico le critiche furono molto diverse. Nonostante abbia vinto un Oscar per la miglior colonna sonora, la pellicola non fu particolarmente apprezzata dalla critica e continua ad essere considerata come un capitolo secondario nella carriera del regista. Al botteghino, invece, il successo di pubblico fu piuttosto solido ed ancora oggi sono in molti a sostenere che andrebbe rivalutato.
La ragione di questo giudizio ambiguo sta forse anche nella forza di alcuni momenti del film, che col passare degli anni si sono trasformate in vere e proprie scene di culto soprattutto per chi presta uno sguardo particolare alla danza.
In effetti, aldilà dei gusti e delle opinioni, basterebbero le spettacolari performance di Baryshnikov per giustificarne la visione. Sebbene avesse 37 anni al momento delle riprese, mostra un’agilità ed un controllo tecnico stupefacenti. Anche le parti del co-protagonista sono notevoli e costituiscono un supporto solido tanto alla danza di Baryshnikov quanto alle necessità del copione. Infine, per cancellare ogni dubbio, si ricordi che le coreografie furono curate da Twyla Tharp, una sorta di garanzia vivente della qualità del lavoro svolto sul piano coreutico. Si tratta dunque di un lavoro in grado di muovere interessi diversi, ma che in fin dei conti è in grado di comunicare anche senza usare le parole – attraverso i bellissimi balletti dei protagonisti. Una scena indimenticabile, che vi convincerà rapidamente a guardare l’intero film, è proprio all’inizio: si tratta del balletto Le jeune homme et la mort, di Roland Petit.
In definitiva, comunque, Baryshinikov resta il punto di forza di White nights. Il film permette di vedere, studiare, osservare e amare il suo approccio alla danza classica, la sua tecnica e la sua imponente presenza atletica, con uno sguardo interiore e non limitato a quello dello spettatore. Twyla Tharp ha, in questo senso, sviluppato un eccellente lavoro affiancando i movimenti del corpo a quelli della macchina da presa.