Frutto di una ricerca sul campo della durata di tre anni realizzata per il circolo Gianni Bosio, “Città di Parole, storia orale di una periferia romana” (Donzelli Editore, 2007, 246 pp) è il volume che meglio descrive la storia contemporanea del quartiere Centocelle di Roma.
120 interviste effettuate tra il 2003 ed il 2005, numerose ricerche bibliografiche, telematiche, a stampa e d’archivio, questi gli ingredienti segreti che hanno permesso a Alessandro Portelli (curatore del volume, se non che fondatore e presidente del circolo) insieme a Bruno Bonomo, Alice Sotgia e Ulrike Viccaro di accompagnare il lettore in un’interessante viaggio alla scoperta dei fatti più o meno noti che hanno visto il XIX quartiere di Roma come protagonista. Lo spazio urbano prende dunque vita, animandosi attraverso le parole di chi l’ha abitato nel corso del tempo, trasformandosi esso stesso per l’appunto quasi in una città nella città.
Il libro trova il suo incipit all’interno dei sotterranei, nelle gallerie che costituivano un sicuro nascondiglio per i partigiani, o dove si nascondeva la gente per ripararsi dai bombardamenti. Emblematicamente dunque gli autori scelgono di partire da un livello più profondo, lo stesso alla base del lavoro di scavo nella memoria, e nei ricordi di chi la storia l’ha vissuta in prima persona. Roma si sa che è una città eterogenea, gravida di storia e di storie per ogni singolo mattone di cui è costituita. Questo volume tenta però, differentemente da quelli più generali che si concentrano sul passato dell’urbe, di analizzare il microcosmo presente all’interno di uno spazio delimitato del tessuto urbano, assumendo Centocelle come unità minima d’analisi.
Va dunque premiata l’audace scelta di concentrare l’attenzione sulla periferia della metropoli e non sul centro storico, come usualmente avviene. Il libro offre così un’interessante carrellata sul quartiere e su quelli a lui limitrofi, partendo dagli anni Venti del Novecento, affrontando i ricordi legati ai bombardamenti, alla guerra, ai movimenti politici degli anni Settanta fino ad arrivare al giorno d’oggi, quindi alla mescolanza sociale derivata dalla nuova immigrazione. Dalle numerose testimonianze e dalle parole degli autori, emerge in primis il fortissimo senso di appartenenza al quartiere dei suoi abitanti storici.
La forte identità che emanano questi ricordi è una costante nei libri di storia urbana, qui però ci si interroga sulla doppia anima degli intervistati, legati da una parte al tempo che fu ed al legame con il territorio e dall’altra alla complessità nell’affrontare i problemi dell’oggi. Infatti in seguito all’estensione dei confini urbani, Centocelle non può più essere classificato come un quartiere di periferia, malgrado ciò la sua marginalità al centro dei Roma, lo rende un luogo che presenta interessanti caratteristiche, prima fra tutte la mescolanza socio-culturale degli abitanti storici con i nuovi residenti spesso di origine straniera.
“Centocelle profonda vive nella sensibilità, nella memoria, nei racconti di chi l’ha vissuta” l’autore descrive così il succo della sua analisi, spiegando dunque le motivazioni che l’hanno portato ad intitolare il volume “Città di parole”. Riprendendo il filo delle emozioni degli intervistati, Alessandro Portelli, riesce a ridestare l’interesse nei confronti degli stessi luoghi descritti da Pasolini in Ragazzi di vita, facendoci vivere parte della storia urbana della capitale pur restando comodamente seduti in poltrona.
Miriam Verdecchi