libri antichi

La storia dei libri sibillini è intrecciata con la leggenda, come accade con molte delle storie relative alla Roma antica.

Il racconto più noto attribuisce tali libri alla Sibilla di Cuma. Si trattava di nove papiri contenti una serie di profezie. Sempre stando a questa “versione” della vicenda pare la Sibilla propose al re Tarquinio Prisco di acquistarli.

Non credendole, Tarquinio decise tuttavia di non comprarli. La Sibilla, infuriata per il rifiuto ne bruciò tre; rimasero perciò solo sei papiri.

Dopo alcuni giorni la Sibilla tornò dal re proponendogli di comprare i libri rimanenti allo stesso prezzo. Il re però rifiutò di nuovo e la Sibilla diede alle fiamme altri tre papiri.

Dopo un po’ di tempo tornò da Tarquinio, chiedendogli nuovamente se voleva acquistare i tre papiri rimanenti, allo stesso prezzo proposto prima per tutti e nove i papiri.

Tarquinio questa volta reagì diversamente e preoccupato chiese consiglio agli Auguri che non solo lo spinsero a comprare i tre libri rimanenti ma predissero anche delle grandi sventure per il comportamento tenuto precedentemente.

Tarquinio infine si convinse a comprare i tre papiri rimasti della Sibilla di Cuma. I libri vennero conservati nel tempio di Giove Capitolino ed assunsero un valore religioso e politico.

I testi furono però bruciati da un incendio nell’83 a.C.. Il Senato allora inviò degli uomini in Asia presso l’oracolo di Eritre, ove sembra che fossero conservat i libri originali, per trascriverne una copia.

I nuovi testi copiati vennero conservati nel Tempio di Apollo al Palatino. Anche questi testi sono però andati perduti, lasciandoci, probabilmente per sempre, nel dubbio su se i libri sibillini siano esistiti oppure no.