Pubblichiamo un sonetto del Belli del 1831, “Er negozziante de spago”. Si tratta di uno dei frequenti sonetti in cui il poeta di Roma scrive del Papa. Talvolta lo stile del poeta è più marcatamente ironico, se non comico, ad esempio in S.P.Q.R., in altri il registro è differente…

Il tono nei confronti del Papa è comunque spesso molto critico, anche in questo sonetto, quasi amaro… Per comprenderlo al meglio bisogna sottolineare come lo “spago” contenuto nel titolo, significa in romanesco anche “paura”.

“Scerca de fà nnassce un fongo” significa invece, in questo contesto, cercare di trovare un qualche pretesto.

“Er negozziante de spago” di Gioacchino Belli

Certi ggiorni c’ar Papa je viè a ttajjo
De scelebbrà la tale o ttar funzione,
In sti tempi d’abbissi e rribbejjone
Che lo fanno annisconne e mmaggnà ll’ajjo,

Conforme che jje porteno er ragguajjo
Che Rroma è cquieta e ha stima der cannone,
Lui va, sse mette in chicchera, e indispone
Le cose nescessarie ar zu’ travajjo.

Ma infilato che ss’é ll’abbito longo,
Si jj’aricacchia quarch’idea de prima,
Er vappo scerca de fà nnassce un fongo.

Trovato c’ha er protesto, allora poi
Se vorta a un Minentissimo, e jje disce:
«Sor Cardinale mio, fatela voi»