Lettera inviata da Giuseppe Giocchino Belli a Giuseppe Neroni Cancelli a S. Benedetto del Tronto il 31 agosto 1820:

Caro Amico
La vostra perplessità io già me la imaginava; ed appunto per produrla, io [non] alterai, ma modificai il mio carattere. Una storia orribile narratami sono circa sei giorni in vostra casa alla Ripa, nella quale anche io figurava, mi fece nascere il pensiere di scrivere que’ versi, e spedirveli, per poi riderne con voi quando ci saremmo rivisti. Non li firmai per la probabilità di smarrimento di lettera. La spiegazione, che interessa la vostra delicatezza consiste negli ultimi sei versi. Natale, e Francioso. Voi m’intenderete adesso, e capirete che in senso Aretinesco la croce dell’ordine del boja significherà forca, presa la croce, come si suol prendere per patibolo. Così il gran maestro giustiziere diviene il boja med.mo nelle mani di cui dovrebbe stirare le cuoja il personaggio, che per essere decorato com’è nella società di un certo grado insigne merita il primo posto nel premio delle sue gentili e nobili maniere. Il secondo soggetto non merita neppure l’onore di quel supplicio, la croce, e però sarà punito con altro non meno atroce dopo che avrà accompagnato sul dorso il compagno alla grande funzione. La ragione poi della metafora della croce procede dal vanto di nobiltà, che stoltamente ho udito prendere il nostro principale personaggio. Ho però inteso dire, che questa è la decorazione che merita.
La Sig.ra Teresa vi mandò ieri il mio biglietto per via di un sarto, che ve lo rimise per mezzo di una sciocca che non ne attese la risposta. Io l’ho ricevuta oggi al casino di Vulpiani, di dove sarei passato a visitarvi. Voi però andate a Fermo, onde ci rivedremo in un altro anno, perché io debbo presto partire. Se Marchionni non mi avesse fatto una vostra ambasciata, io non vi avrei scritto il mio biglietto.
Mi pare che voi vi siate un poco messo in riparo con me; e me lo dice quel pregiatissimo Sig. Belli, con cui principia la lettera vostra. Ciò nasce dal senso oscuro dei versi: eppure io credeva che le ultime due terzine vi dovessero comparir chiare; ma mi sono ingannato. Che se poi vi spiace che io abbia scritto contro chi ha ingiuriato, e voi, e me; sappiate, che voi siete l’unico al mondo, a cui questo scritto sia stato, e sarà mai comunicato.
Intanto vi abbraccio del miglior cuore, e vi auguro un felicissimo viaggio. E sono sempre
Il vostro G. G. Belli

Dal casino Vulpiani 31 agosto 1820.