“Possa diluirsi, languire, affondare e possano tutte le sue membra dissolversi…”

Anche i valorosi e indomiti antichi romani quando volevano vendicarsi di qualche nemico non si sottraevano alla tentazione di lanciargli una maledizione o, come diremmo noi oggi, un bel malocchio! Non era poi così complicato un tempo farla pagare in modo più o meno lieve a qualche inconsapevole sventurato: bastava scrivere il suo nome e la relativa “pena” su tavolette costituite da lamine di piombo incise a graffio, arrotolarle poi su se stesse e trafiggerle con un chiodo.

Defissione e statuina antropomorfa provenienti dalla fontana di Anna Perenna ed oggi conservati nel Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano

Defissione e statuina antropomorfa provenienti dalla fontana di Anna Perenna ed oggi conservati nel Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano

Una volta effettuata questa semplice pratica e ben convinti di voler augurare il male, le defissioni (questo il nome con cui venivano chiamate le tavolette dal latino inchiodare, conficcare, immobilizzare) si potevano o porre all’interno di specifici buchi nel terreno, oppure essere gettate dentro particolari fontane, la cui acqua, scivolando lungo i canali di scolo, li avrebbe condotti direttamente nell’aldilà dove, qualche spirito infernale o divinità preposta, avrebbe provveduto ad esaudire il crudele desiderio. Per la buona riuscita del maleficio era però molto importante che le lettere fossero scritte a testa in giù, così come capovolte dovevano essere le figurine antropomorfe in materiale organico che il maledicente doveva inserire all’interno di appositi contenitori in piombo, accuratamente sigillati (la fantasia non ha limiti quando si tratta di meditare vendetta!).

Fontana di Anna Perenna rinvenuta nei pressi di Piazza Euclide, zona Parioli, Roma

Fontana di Anna Perenna rinvenuta nei pressi di Piazza Euclide, zona Parioli, Roma

Pratiche di “magia nera” sono ben attestate da ritrovamenti di defissioni avvenuti durante lo scavo di un parcheggio presso Piazza Euclide, nella zona del quartiere Parioli di Roma ed oggi conservati all’interno del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano. Questi singolari oggetti furono rinvenuti all’interno della cisterna retrostante la grande fontana rettangolare dedicata “alle ninfe consacrate ad Anna Perenna”, insieme ad un’ampia serie di altri materiali come monete, gusci d’uovo, lucerne, un pentolone in rame, pigne, rametti e molto altro ancora, tutti simboli legati alla fertilità e al buon auspicio.

Ma chi era Anna Perenna e perché proprio a lei venivano affidati i malefici? Sappiamo per certo dalle fonti antiche che era una dea arcaica, forse di origine etrusca, nel cui santuario all’interno di un bosco nei pressi di Ponte Milvio (l’area è stata individuata sui Monti Parioli appunto), durante le Idi di Marzo, quando la Primavera risveglia la natura e i sensi dopo il torpore invernale, i fedeli si riunivano per festeggiare con danze, canti, recite, molto vino e sembra anche qualche orgia, il rinnovamento delle stagioni e il nuovo anno, coincidente con la lunazione di Marzo. Si sacrificava ad Anna Perenna per poter passare felicemente da un anno all’altro e per compiere bene tutto l’anno a venire (Annare Perannareque Commode).

Alcune leggende fanno risalire questo personaggio alla sorella della mitica Didone di Cartagine, Anna appunto che, dopo la morte della regina straziata dal dolore per l’abbandono di Enea e l’invasione dei Numidi, fuggì trovando riparo a Laurentum, nel Lazio, proprio dove viveva Enea, che la accolse amorevolmente, suscitando però la cieca gelosia della moglie Lavinia. Una notte Didone apparve in sogno alla sorella sollecitandola a scappare per scampare alla vendetta della principessa laziale ma, durante la fuga, la giovane Anna venne rapita dal fiume Numicio, scomparendo così tra le sue onde impetuose e diventando per sempre una ninfa delle acque.

Guercino, Suicidio di Didone, 1625, Galleria Spada

Guercino, Suicidio di Didone, 1625, Galleria Spada

In un’altra storia invece Anna è una anziana signora di Boville che avrebbe sfamato la plebe durante la ribellione contro i patrizi del 494 a.C. Dopo la sua morte, i romani le avrebbero tributato gli onori di una dea proprio in ricordo del suo gesto di generosità nei confronti dei più poveri, divenendo così la personificazione dell’Annona, la pratica di approvvigionamento di grano gratuito a cui avevano diritto tutti i cittadini romani liberi.

Un terzo racconto vede sempre Anna come una vecchia dea legata alla magia e all’occulto: un giorno il dio Marte invaghitosi della vergine e riluttante Minerva, decise di recarsi da Anna Perenna per ottenere qualche speciale incantesimo d’amore. Ma le insistenze del dio trovarono in verità una vendetta piuttosto malvagia: la dea, travestitasi da Minerva e copertasi il volto con un velo, attirò con l’inganno il povero Marte che, convinto di aver finalmente sedotto e conquistato la dea della Sapienza, si ritrovò a baciare in realtà proprio l’anziana Anna Perenna.

Al di là delle leggende cosa simboleggiava veramente Anna Perenna e perché il suo culto era così sentito a Roma?
Come dea legata all’Annona la sua funzione era quella di garantire la sopravvivenza del popolo romano. Ma Anna era anche una divinità legata al ciclo vitale della natura, all’inizio del nuovo anno (che per i romani coincideva con l’inizio della Primavera) e al moto circolare del tempo scandito dalle fasi lunari. E’ possibile quindi che anticamente la dea fosse venerata come una Grande Dea Madre che nutriva e governava le creature terrestri e il suo carattere lunare e notturno, le conferiva un aspetto, che soprattutto in epoca imperiale sembra essere predominante, di dea misterica, legata all’occulto e alla magia, tanto da collegare il suo culto alle pratiche dei malefici.

Così le stesse leggende che la vogliono a volte anziana e altre volte giovane ninfa dei fiumi, testimonierebbero la sua caratteristica di Dea Madre che giunge alla fine dell’anno sotto le spoglie di una vecchia signora per poi rinascere fanciulla con l’arrivo della Primavera, regalando così nuova vita al mondo intero.

Essendo inoltre una ninfa, Anna è anche legata all’acqua, così come la luna stessa è connessa al fenomeno delle maree e forse per questo il suo santuario era dominato da una grande fontana, fulcro probabilmente di un complesso rituale, come testimoniato dai ritrovamenti di piazza Euclide, che ne avvalorano il carattere magico e ctonio, tipico delle grandi dee madri dell’antichità.

Autore: L’Asino d’Oro Associazione Culturale