All’inizio era solo “A me gli occhi”, solo in seguito Gigi Proietti aggiungerà un conciliante “please” al suo spettacolo più che acclamato, dove ha saputo esprimersi nel suo modo tutto speciale, intelligente e ironico, e regalare per così tanti anni al pubblico qualcosa di magistrale.

Il successo di “A me gli occhi, please” nasce nel Teatro Tenda diretto da Carlo Molfese, con l’ausilio di testi di Roberto Lerici e un titolo scelto sulla base di ciò che Gigi Proietti fa dire a uno dei suoi personaggi, un mago prestigiatore che deve trarsi d’impaccio sul palco e che, appunto, pronuncia la frase “A me gli occhi”.

Uno spettacolo che ha cambiato il teatro contemporaneo perché nato dalla ricerca di un linguaggio che fosse proprio del palcoscenico, non letterario, al quale nel 1976 Gigi Proietti, allora trentaseienne, stava lavorando assieme allo sceneggiatore e attore Roberto Castri al Teatro Stabile dell’Aquila – TSA, da lui frequentato fin dagli anni Sessanta, e che dopo un primo debutto a Sulmona arriverà nella capitale al Teatro Tenda in seguito a un avvenimento fortuito: dover sostituire una compagnia che all’ultimo momento aveva dato forfait.

Inizialmente itinerante nelle periferie di Roma, il Teatro Tenda era un vero e proprio tendone da circo con la capienza di duemila duecento posti, che proponeva spettacoli a duemila lire a biglietto. Un teatro che ospitava attori nazionali e internazionali più o meno conosciuti, animato dalla volontà di sottrarre il teatro all’intellighenzia e restituirlo a un pubblico più vasto. A quel tempo si era “fermato” in piazza Mancini, ed è questo il luogo da cui il one man show “A me gli occhi” decolla e farà entrare di merito Proietti nella storia dello spettacolo italiano.

Proietti si propone con il suo nuovo spettacolo che, anziché replicare per pochi giorni come previsto, rimarrà in cartellone al Teatro Tenda per anni e anni, facendo a ogni replica il tutto esaurito, diventando il suo cavallo di battaglia che lo accompagnerà con versioni aggiornate nel 1993, nel 1996, fino a quella del 2000, che contengono nuove proposte e continuano ad affascinare il pubblico.

Il successo di “A me gli occhi, please” è immediato e duraturo: Proietti conquista il pubblico, la critica, viene osannato dai grandi dello spettacolo come Fellini, Eduardo De Filippo, Mastroianni, Gassman, Monica Vitti…
Shakespeare, Petrolini, Magni: il grande attore che Gigi Proietti è stato, ha saputo contaminare, sempre in modo ironico e sapiente, i generi, portando sul palco, tramite i suoi indimenticabili personaggi, il mondo dell’attore e i suoi interrogativi sulla sua professione e sul suo ruolo.

Un teatro che lega i generi, che si rivolge a un pubblico vasto, che in modo nuovo, alternativo e anche provocatorio mescolava sapientemente uno stile considerato “basso” e popolare con quello considerato “alto”, colto, con l’intento di stupire e di divertire con parodie pungenti, con detti popolari, poesie, scioglilingua, stravolgendo testi drammatici e sketch da avanspettacolo per farli diventare altro, con uno stile – il suo – che ammaliava il pubblico e che ha dato una nuova chiave per poter vivere e godere del teatro.

Alessandra Buschi