5. L’età dell’imperialismo

5.1 Cartagine fu fondata secondo la tradizione nel IX secolo, essa aveva una costituzione mista: il potere regale era detenuto dai suffeti che però a differenza dei consoli romani avevano solo il potere politico e non quello militare, che invece era detenuto dagli strategoi che avevano una nomina pluriennale. Poi vi era una Assemblea degli anziani costituita da ricchi e anche una assemblea del popolo (per Polibio questo tipo di costituzione politica era troppo democratica rispetto a Roma).

Economia sia commerciale che agraria. I commercianti a differenza di Roma potevano occupare cariche politiche. La famiglia dei Barcidi, dalla quale discendeva Annibale, conquistarono nel III secolo le miniere spagnole e divennero potentissimi (si possono considerare come una famiglia regale).

Cartagine era insediata oltre che in Africa anche in Spagna, Sardegna e Sicilia.

5.2 Le guerre puniche. La prima (264-242 a.C.) ebbe inizio dalla richiesta di aiuto dei marmetinii (che occuparono Messina e vennero sconfitti da Gerone II di Siracusa) e che dopo molte discussioni Roma accettò sotto la spinta delle famiglie dei Fabii e dei Claudii che vedevano come ricompensa la gloria, il prestigio e un ricco bottino, scendendo così in guerra contro Siracusa alleata di Cartagine .

All’inizio i romani vinsero numerose battaglie spostando il teatro di guerra dalla Sicilia in Africa e facendo defezionare Gerone dall’alleanza con Cartagine. Ma quando nel 256 Attilio Regolo sbarcò in Africa fu fatto prigioniero e le sue due legioni furono annientate. Dopo alterne vittorie il console romano Caio Lutazio Catulo vinse i Cartaginesi presso le isole Egadi.

Cartagine fu costretta ad arrendersi, restituendo i prigionieri, evacuando la Sicilia e pagando un enorme tributo a Roma. Subito dopo la guerra scoppiò una rivolta a Cartagine e in Sardegna e i romani aiutarono la nemica a debellare la rivolta e occuparono così la Sardegna e la Corsica che divennero insieme alla Sicilia le prime provincae dell’impero romano cioè territori extra-italici, governate e sfruttate da un magistrato di Roma.

Le due potenze che continuavano la loro espansione stipularono  un trattato (226 a.C.) che stabiliva che i Cartaginesi non potessero superare il fiume Ebro in Spagna. I Romani però strinsero un alleanza con la città di Sagunto che stava al di là del fiume. Per questo motivo la città venne assalita da Annibale dando il via al secondo conflitto punico (218-202 a.C.) che fu voluto da tutte e due le parti per la stabilire definitivamente la supremazia nell’ Occidente (anche se Romani usarono tutti i mezzi della propaganda per far apparire Cartagine come l’aggressore).

Dopo la conquista di Sagunto, Annibale mosse rapidamente verso l’Italia con il suo esercito e gli elefanti, e riuscì a superare le Alpi anche se con estrema difficoltà. Giunto in Italia mosse verso il sud del paese e sconfisse i romani in numerose battaglie (Trebbia, Lago Trasimeno, Canne).

Le truppe di Annibale però non avevano capacità di assedio e inoltre in Spagna gli Scipioni cacciarono i Cartaginesi.  Annibale si accampò in Italia centromeridionale governando come un re anche se i rifornimenti si facevano sempre più scarsi non riuscendo ad arrivare dall’Africa.

Annibale era un genio dell’arte militare e seppe inventare sempre nuove tattiche come quella escogitata nella battaglia di Canne: davanti all’assalto della fanteria romana fece indietreggiare la parte centrale delle truppe intrappolando i romani in una morsa fatale. Questa tattica ripetuta a Zama sarà battuta nella battaglia decisiva della guerra (202 a.C.) dove i romani, comandati da Scipione l’Africano, seppero ricordarsi della precedente disfatta di Canne e non entrarono a cuneo dentro la morsa del nemico, ma allungarono al limite la linea dello schieramento resistendo al nemico fin quando la cavalleria romana li poté assalire alle spalle.

Tra il 216 e i 204 a.C. i romani adottarono la strategia del temporeggiamento evitando le battaglie campali e limitandosi a disturbare il nemico nei suoi accampamenti in Italia. Asdrubale fratello di Annibale inviò rinforzi che però furono sbaragliati nella battaglia del Metauro (207 a.C.)

La guerra fu persa da Cartagine per un errore politico di Annibale che pensò che i gli alleati di Roma l’avrebbero abbandonata. Invece a parte le singole defezioni delle città democratiche ostili a Roma (Capua, Locri, Taranto, alcuni Etruschi) gli altri alleati rimasero fedeli a Roma.

L’eredità di Annibale in Italia fu l’elevata mortalità, lo spopolamento e le devastazioni che divennero il presupposto della nascita della grande proprietà.

5.3 Catone il Censore nasce nel 243 a.C. e morì quasi novantenne. Era un homo novus (non aveva tra i suoi antenati nessuno che aveva ricoperto una carica pubblica), ma riuscì a diventare sia console che censore anche grazie all’aiuto dell’amico Valerio Flacco. Come censore fece espellere dal senato alcuni membri delle famiglie più importanti; inoltre cercò di contrastare la revoca della legge Oppia, che proibiva i banchetti suntuosi e i gioielli preziosi voluti dalle ricche matrone, ma fu sonoramente sconfitto.

Fu un vero intellettuale, studiò la lingua greca anche se non volle che la moda ellenizzante si diffondesse a Roma. Le sue opere spaziano tra molti ambiti: storia, oratoria, diritto, arte militare, medicina e compose anche un trattato di agricoltura che ebbe notevole successo fino all’epoca moderna: in esso si diceva che l’azienda deve tendere ai massimi profitti  razionalizzando ogni spesa e mettendo a confronto i diversi preventivi; deve produrre prodotti specializzati (olio e vino).

Catone per alcuni aspetti fu incoerente con le sue idee caratterizzate da un austera morale, come sulla sua contrarietà sul credito ad interesse (che poi fece lui stesso) anche perché ebbe modo di cambiare idee nell’arco della sua lunga vita; incoerente si dimostrò anche nel suo disprezzo verso Scipione l’africano, prima contribuendo al suo esilio (non avendo mostrato i conti del bottino asiatico), ma poi fece sposare sua figlia con uno Scipione.  Cicerone lo esalta come esempio di saggezza nel De senectute.

5.4 In Illiria la regina barbara Teuta  aveva esteso il suo regno dall’Illiria all’Epiro, dando supporto all’attività corsare. Una rapida campagna militare di Roma la sconfisse (229-228 a. C.) e fu costretta a pagare un tributo. Un decennio dopo l’altro principe Illirico Demetrio di Faro fu costretto a fuggire presso Filippo II re di Macedonia, con quest’evento Roma poté stringere alleanze con le città Greche così da passare per difensore dei Greci e non dichiarando mai guerra nelle successive campagne orientali.

5.5 La prima guerra macedone (216-205 a.C.) si combatté durante la guerra con Annibale. Roma affrontò il re macedone Filippo V che si era alleato con i Cartaginesi. Si concluse una pace senza vincitori né vinti.

La seconda guerra macedone (200-197 a.C.) iniziò dalla richiesta di aiuto dei regni di Pergamo e di Rodi messi in pericolo dalle ambizioni espansive macedoni. Dopo un sorprendente rifiuto di Roma il Senato accettò di entrare in guerra, mossa anche dalla discesa in campo di Atene. Nel 198 a.C. quando Tito Qinzio Flaminio venne eletto console, la guerra ebbe un accelerazione repentina poiché riuscì ad allearsi con le città Greche di Atene, Sparta, Etoli, Beoti e Argo dando vita ad un movimento di liberazione della presenza macedone in Grecia.

La battaglia di Cinocefale 197 a.C. fu decisiva. La tattica macedone si trovò in difficoltà sul campo di battaglia collinare e i romani con i loro manipoli più adatti a muoversi velocemente ne approfittarono.

Tutte le città greche furono dichiarate libere, i prigionieri dovevano essere restituiti ai romani e Filippo doveva pagare un grande tributo. A sorpresa Quinzio Flaminio lasciò il controllo diretto della Grecia tornando a Roma con l’esercito, una mossa politica che voleva elogiare la libertà dei greci ridandogli l’indipendenza. Ma rimase uno sfruttamento economico della Grecia che porterà al suo inesorabile declino. L’ellenizzazione di Roma sarà un fenomeno dominante in quel periodo.

5.6 Antioco III re di Siria inizia in questi anni una serie di conquiste sia in Asia che in Tracia. Quando giunse all’Ellesponto Roma intervenne (191 a.C.) e vi fu la battaglia delle Termopili. Durante la notte prima della battaglia 2.000 uomini, per lo più di Fermo nelle Marche, comandati da Catone, risalirono le montagne e quando al mattino gli scontri ebbero inizio, piombarono alle spalle del nemico che vedendoli arrivare pensò che fossero gli alleati Etoli: 10.000 uomini furono uccisi e Roma ne perse 150, una vittoria assoluta.

I romani sbarcarono in Asia e inseguirono i siriaci sconfiggendoli nella battaglia di Magnesia comandati da Scipione l’Africano; anche sul mare ebbero la meglio sconfiggendo le flotte siriache tra cui quella comandata da Annibale. L’egemonia di Roma si estese in Asia e Antioco fu costretto a pagare un enorme tributo. Antioco IV nel 168 a.C. occupò l’Egitto ma bastò un ambasceria romana per umiliarlo come ricordato dall’episodio del “cerchio di Popilio” : l’ambasciatore romano Popilio gli tracciò intorno un cerchio, intimandolo prima di uscire che se lo avesse superato, per chiedere consiglio alla corona, sarebbe entrato in guerra con Roma, questa semplice minaccia fece ritirare l’esercito siriaco.

5.7 La terza guerra macedone (171-168 a.C.) fu comandata da Lucio Emilio Paolo che sconfisse Perseo figlio di Filippo che si era riarmato alleandosi alla lega Etolica. Il regno macedone finì per sempre e Roma divise la Grecia in distretti ma aspetterà un ventennio prima di trasformarla in una provincia, per motivi di paura della rottura dell’equilibrio politico ma soprattutto per il filellenismo che ancora l’animava. Il vincitore si comportò come un greco festeggiando e concedendosi un viaggio in Grecia. In Grecia si avvantaggiò Atene alleata ai Romani che ottenne l’isola di Delo grande centro commerciale del paese. Dura fu la repressione romana del nemico vinto macedone e greco. La citta di Corinto dopo un nuovo riarmo fu rasa al suolo lo stesso anno della fine Cartagine 146 a.C..

5.8 Roma diviene in questi anni tutore dell’ordine italico come quando nel 186 vieta in tutta Italia i culti orgiastici di Bacco anche dove il Senato non aveva competenza. Queste interferenze di Roma a volte sono intermediate dai magistrati locali altre volte sono dirette, ma in sostanza sono gli stessi alleati che si conformano alle leggi romane e richiedono il loro intervento.