I Roma

Il numero sette

Il sette è il numero mitico di Roma. Esso ricorre numerose volte nella storia di Roma antica. Sette sono i colli, come sette furono i re di Roma. Nella tradizione pagana erano sette le Cose fatali dalle quali dipendevano le sorti di Roma: l’Ago di Cibele, la Quadriga dei Vejenti, le Ceneri di Oreste, lo Scettro di Priamo, il Velo d’Ilione, il Palladio e gli Ancili. Sette erano anche i Colossi: Apollo sul Campidoglio, Giove in Campo Marzio, Apollo nella…

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Enea secondo Sant’Agostino

Sant’Agostino nella Città di Dio ci racconta di Enea e della sua discendenza: Nel periodo dopo la conquista e la distruzione di Troia Enea, con venti navi con le quali si trasferivano i superstiti di Troia, venne in Italia. Vi regnava Latino, ad Atene Menesteo, a Sicione Polifide, in Assiria Tautane, dagli Ebrei era giudice Labdon. Dopo la morte di Latino regnò Enea per tre anni e nei paesi menzionati rimanevano i medesimi, eccetto Pelasgo che era re di Sicione…

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La Basilica di San Pietro in Vaticano

La basilica di San Pietro in Vaticano (il cui nome completo Papale Arcibasilica Patriarcale Maggiore Arcipretale di S. Pietro in Vaticano è poco usato dai romani, che la chiamano affettuosamente “cuppolone”) è la più importante basilica cattolica del mondo (forse assieme a San Giovanni in Laterano), il fulcro della storia cristiana di Roma e il luogo in cui vengono svolte molte delle più importanti manifestazioni cattoliche, anche per la vicinanza con la residenza papale (il Palazzo Apostolico), tra cui le…

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A compar Dimenico – Sonetto di Gioacchino Belli

Me so ffatto, compare, una regazza bianca e roscia, chiapputa e bbadialona (squisita, impareggiabile) co ’na faccia de matta bbuggiarona, e ddu’ brocche, pe ddio, che cce se sguazza. Si la vedessi cuanno bballa in piazza, cuanno canta in farzetto, e cquanno sona, diressi: «Ma de che? mmanco Didona, che squajjava le perle in de la tazza». Si ttu cce vôi viení dda bbon fratello te sce porto cor fedigo (fegato) e ’r pormone; ma abbadamo a l’affare de l’uscello.…

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Gioacchino Belli – Er moro de Piazza-navona

Vedi llà cquela statua der Moro c’arivorta la panza a Ssant’aggnesa? Ebbè, una vorta una Siggnora ingresa la voleva dar Papa a ppeso d’oro. Ma er Zanto Padre e ttutto er conciastoro, sapenno che cquer marmoro, de spesa, costava piú zzecchini che nun pesa, senza nemmanco valutà er lavoro; je fece arrepricà ddar Zenatore come e cquarmente nun voleva venne 2 una funtana de quer gran valore. E cquell’ingresa che ppoteva spenne, dicheno che cce morze de dolore: lusciattèi requia…

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Belli – A la sora Teta che pijja marito

Questo sonetto ce lo presenta il Belli stesso: Questo e il seguente sonetto furono da me spediti a Milano al sig. Giacomo Moraglia mio amico il 29 dicembre 1827, onde da lui si leggessero per ischerzo nelle nozze del comune amico signor G. Longhi con la signora Teresa Turpini, cognata del Moraglia. Coll’occasione, sora Teta mia,
 d’arillegramme che ve fate sposa, 
drento a un’orecchia v’ho da dí una cosa 
pe’ rregalo de pasqua bbefania. Nun ve fate pijjà la malatia…

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